“Moby Dick”

"Questo film rappresenta la più importante dichiarazione di principi che abbia mai fatto. […] Si è troppo discusso sul significato di Moby Dick che si pretende segreto, enigmatico. Per quel che mi riguarda, non c’è alcun enigma. Si tratta, nero su bianco, di un’immensa bestemmia. Mi ha stupito il fatto che nessuno abbia protestato, ma la bestemmia è così essenziale al racconto che si deve accettarla per forza. Achab è l’uomo che odia Dio e che vede nella balena bianca la maschera della perfidia del Creatore. Considera il Creatore un assassino e vede in se stesso colui che ha la missione di ucciderlo. Achab è l’uomo che ha compreso l’impostura di Dio, questo distruttore dell’uomo. E la sua caccia non tende che ad affrontarlo faccia a faccia, sotto la forma di Moby Dick, per strappargli la maschera." (John Huston, Morando Morandini – Ed. Castoro)

Nelle parole di John Huston "Moby Dick" si delinea come uno dei film più sentiti e importanti di una delle filmografie tra le più straordinarie di tutta la storia del cinema. Fin dall’inizio della sua produzione cinematografica, Huston aveva accarezzato l’idea di trasferire sul grande schermo la grande pagina scritta di Melville, consapevole del fatto che ridurre il romanzo in un film significasse inevitabilmente "trasformare la complessità in semplicità". L’identificazione che Huston percepiva con la furente e fiera volontà di potenza del capitano Achab era tale da rendere quasi inevitabile la sovrapposizione di ruoli (e maschere e volti) tra Huston e Achab. Sfumata invece anche la suggestiva possibilità che ad interpretare Achab fosse il padre Walter (memorabile nel "Tesoro della Sierra Madre"), per il ruolo del capitano dalla Pequod la scelta cadde sul nome di Gregory Peck, capace di attrarre secondo la produzione una più grossa fetta di pubblico. Il risultato fu ugualmente grandioso. La presenza registica di Huston, maestosa anche nelle più avverse condizioni atmosferiche, riuscì a plasmare il film in modo eccelso. Per le magnifiche sequenze di apertura, ambientate nella cittadina di New Bedford, fu scelto come location il porto irlandese di Youghal. Alla stesura della sceneggiatura fu chiamata a collaborare la penna di Ray Bradbury, uno dei padri della letteratura fantastica americana. Il cast, già ricco di attori di calibro, fu ulteriormente impreziosito dalla presenza di Orson Welles: il suo padre Mapple, che a bordo di un pulpito intagliato su una prua di una nave tuona imponente il racconto del profeta Giona, si scolpì nella leggenda. Per ottenere un effetto grafico e cromatico che ricordasse le acqueforti ottocentesche Huston, consigliato dagli operatori Oswald Morris e Kay Harrison, scelse di adottare un procedimento singolare: sovrapporre in sede di stampa il negativo a colori e la matrice in bianco e nero, riuscendo a conferire alla pellicola splendide tonalità plastiche virate verso il bianco e il seppia. Simili sperimentazioni fotografiche sarebbero state ripercorse da Huston e dallo stesso Oswald Morris 11 anni dopo, nel cromatismo desaturato e virato verso le campiture oro/arancio della fotografia di "Riflessi in un occhio d’oro". Fuochi di Sant’Elmo per il Noè che, lungo una rotta di navigazione durata cinquant’anni, a bordo della sua Arca ha solcato le acque del cinema americano.