“Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo”

Partiamo da un presupposto. Il cinema di Terry Gilliam oppone delle strenue resistenze interne a qualsiasi tentativo di analisi "critica". Preservare tracce della sua visionarietà anarchica dopo una accurata e scrupolosa vivisezione è impresa improba. Fatalmente lo scoperchiamento o lo svelamento di tutti i meccanismi che sostengono il carrozzone “Gilliam” ne provocherebbe una diminuzione di potenza evocatrice. E forse persino attardarsi in considerazioni tecniche sull’oggetto "film" in questo caso lascia il tempo che trova. La sceneggiatura di "The Imaginarium of Doctor Parnassus" è zoppicante in più parti e sotto più aspetti. Sembra una tela grezza multicolore cucita alla meglio, e in cui sono ancora visibilissime tutte le cuciture. L’elemento di maggiore interesse di questo film sta però altrove: nel suo essere (diventato) un caso assoluto e praticamente unico nella storia di metacinema totale. L’intreccio che lega la morte di fiction di Heath Ledger "attore" nel teatrino del Dottor Parnassus, la morte reale dell’attore Heath Ledger sul set (a riprese non ancora concluse, quindi dentro il cinema ma fuori dal film) e i successivi rimaneggiamenti di script e di cast potrebbe da solo bastare a spalancare riflessioni di enorme interesse. Su tutto questo, su una materia di fiction così ampiamente contaminata dalla realtà, dalla vita e dalla morte oltre lo schermo, Terry Gilliam è riuscito a costruire se non il suo film più riuscito di certo uno dei suoi più sinceri e sentiti. Impreziosito da un grande cast e dalla titanica, sulfurea figura di un luciferino Tom Waits, perfetto nei panni di un povero Diavolo di cui è impossibile non fidarsi.

 

[****]