Sight & Sound

“Quando pensi ai più grandi momenti di un film, credo che quasi sempre sceglierai quelli che hanno a che fare con le immagini piuttosto che con le scene, e di certo mai quelli incentrati sulle parole. Ciò che un film fa meglio è utilizzare le immagini con la musica, e credo che questi siano i momenti che si ricorderanno.” Stanley Kubrick

N.B. Quella che segue non è una top10. E’ da considerarsi il frutto di una raccolta: una collezione di frammenti audiovisivi. I primi 10 che consapevolmente affiorano alla memoria e si offrono alla catalogazione. Scelti quindi in base a criteri di pura persistenza. E se a resistere è sempre e solo quello che si ama di più probabilmente si tratta di 10 frammenti d’amore.

My Werner, My Werner, What Have Ye Done

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"Anni fa stavo cercando il gallo più grande che potessi trovare e ho sentito di un tizio a Petaluma, in California, che possedeva un gallo di più di tredici chili, chiamato Weirdo. Purtroppo Weirdo era morto, ma i suoi figli erano ancora vivi ed erano anche più grossi. Mi sono recato sul posto e ho trovato Ralph, figlio di Weirdo, che pesava incredibilmente quattordici chili e mezzo! Poi ho trovato Frank, una speciale razza di cavallo in miniatura, alto meno di sessanta centimetri. Ho detto al proprietario di Frank che volevo riprendere Ralph mentre inseguiva Frank – quest’ultimo con un nano in groppa – intorno alla più grande sequoia del mondo, trenta metri di circonferenza. Sarebbe stato stupefacente perchè il cavallo e il nano insieme sarebbero stati comunque più bassi di Frank, il gallo. Ma sfortunatamente il proprietario di Frank ha rifiutato. Ha detto che la cosa avrebbe fatto sembrare stupido Frank."

Werner Herzog, Incontri alla fine del mondo – conversazioni tra cinema e vita, a cura di Paul Cronin, Ed. Minimum Fax

“Inland Empire”

"La" visione lynchiana finalmente, ieri pomeriggio alle 18, grazie al miracolo di un cineforum di provincia, si è dipanata difronte ai miei occhi, su di uno schermo bianco. Bianco è anche il riflesso della luce, luce (e ombra, ovviamente) che può considerarsi il vero filo conduttore dell’esperienza filmica denominata "INLAND EMPIRE". Quando il maestro David Lynch (considerato da molti il più grande cineasta vivente) nel 1997 girò "Lost Highways", quello che sembrava essere il suo film più estremo, tutti si chiesero cosa ci potesse essere di ancora più "oltre". (N.B. Lynch spiazzò tutti girando subito dopo un film essenziale e sublimato come "The Straight story"). Bene, quell’ "oltre" è sicuramente "INLAND EMPIRE", materializzatosi durante lo scorso festival del cinema di Venezia, quando al nostro regista è stato tributato un meritatissimo leone d’oro alla carriera. Ancora una volta Lynch è partito da una scelta personalissima e radicale, confermandosi un vero grande autore del cinema del nostro tempo: l’uso esclusivo della ripresa digitale, mezzo versatile e perfettamente adatto allo scopo di dare corpo alle mille suggestioni visive lynchiane. Abbandonata con una istantanea lacrimuccia di nostalgia la pellicola (e anche la possibilità futura che Lynch possa tornare alla pellicola, a quanto è dato sapere), ai fan non resta che abbarbicarsi ad ogni singolo attimo di questo meraviglioso e allucinante film. Sbagliano totalmente la mira i detrattori che accusano il film di essere del tutto incomprensibile, dipingendolo come una congerie confusa e bislacca di sequenze senza senso. Errore grossolano. Un film come questo non ambisce ad essere compreso (anche se, a guardar bene, le tracce per un tentativo di ricomposizione del racconto ci sono tutte). Mira semplicemente ad essere "interiorizzato" dallo spettatore, a destabilizzare il piano psico-sensoriale del soggetto fruitore, che comunque è chiamato ad un "abbandono" totale al flusso di immagini che gli si parano dinanzi. E sbaglia anche chi dice che non è cinema "per tutti". Falso. Penso anzi che la percezione soggettiva di ognuno, anche dello spettatore meno avvezzo all’occhio lynchiano (forse proprio dello spettatore meno navigato in primis) possa apportare interessantissimi contributi interpretativi al film. E ovviamente è un film che può essere "goduto" da tutti. Grande il contributo degli attori, Laura Dern su tutti (ormai attrice-feticcio per Lynch, nonchè produttrice associata del film), ma non si possono dimenticare le grandi interpretazioni di Harry Dean Stanton e di un magnifico Jeremy Irons. Montaggio dello stesso Lynch. Colonna sonora "fusion", impreziosita dalle note sempre più melo del fedelissimo Badalamenti.

"INLAND EMPIRE" può essere considerato, sul piano delle tematiche affrontate, una vera e propria summa di tutte le ossessioni e i fantasmi che da sempre popolano il sogno/incubo lynchiano. Vediamo le prime che mi vengono in mente:

a) C’è il cambio (sempre spiazzante) di identità del soggetto, più o meno collocato verso la metà del film: vedere "Lost Highways". In genere si tratta di una regressione, di un tornare indietro verso posizioni più basse e degradate. Lo si può interpretare in infiniti modi (e perchè no, mondi) possibili. Certo la dialettica realtà-sogno è alla base di tutto.

b) C’è il tema del doppio, della infinita e caleidoscopica moltiplicazione delle possibilità ("Mulholland Drive"), non soltanto riferito ai personaggi: sono i piani narrativi (e temporali) a moltiplicarsi e confondersi tra loro. Nel nostro caso ce ne sono diversi: la leggenda polacca che ha ispirato il film, la realizzazione del primo film, la realizzazione del secondo film, la realtà che gira intorno alla realizzazione dei film, la fruizione del film stesso (su schermi televisivi e cinematografici). Perchè ogni azione comporta delle conseguenze inevitabili. Molteplici ovviamente, in base alle diverse azioni che stanno all’origine.

c) C’è (fortissima) la dialettica dentro/fuori. Altrove c’erano scatole blu, buchi della serratura o celle di penitenziario. Qui c’è il foro provocato dalla brace di una sigaretta ("Wild at heart") in una lingerie di seta. Ad ogni modo, un "ingresso".

d) Ritorna il tema dell’amore tradito, e delle conseguenze che esso comporta (leggi "tarlo interiore" della gelosia). Alla base, credo, di buona parte della cinematografia Lynchiana.

e) Si ripropone il tema della "strada" (vero e proprio topos), qui declinato in sentiero, viottolo. Un’altra metafora interiore.

Un interessantissimo elemento di novità mi sembra il discorso più classicamente metacinematografico di cinema nel cinema, ad aggiungere ulteriore con-fusione (o forse sublime complessità) al patchwork del film. "INLAND EMPIRE" può anche essere interpretato come una grande allegoria del suggestivo (e contraddittorio) mondo hollywoodiano. Si è paragonato "INLAND EMPIRE" (a proposito, pare che il maiuscolo sia d’obbligo), anche per questa ragione, ad "8 e mezzo". Forse l’accostamento è più azzeccato di quanto possa sembrare.

Voto personale: 10

“Eraserhead”

"Eraserhead": sbalorditivo e terribile. Non-raccontabile, ma altamente raccomandabile. Eppure una trama, un senso, lungo la sua ora e mezza di durata, il film ce l’ha. Non stiamo parlando degli esiti dadaisti che la sperimentazione conobbe nel secolo scorso (vedi "Entr’acte"), nè tantomeno di lampi surrealisti, sconnessi uno dall’altro, come quelli del primo Bunuel. In questo film, che comunque è definito correntemente "d’avanguardia", Lynch usa i mezzi espressivi propri della settima arte in modo classico, canonico. Quello che è completamente nuovo è il contenuto, totalmente (forse apparentemente) irrazionale, di questa narrazione. Il desiderio/terrore della castrazione, la sessuofobia, la auto-cancellazione, l’attrazione per la materialità della terra sono tematiche che si sono spesso allacciate al film, ma la grandezza della pellicola sta nella sua atmosfera allucinata e onirica. L’incubo è totale e investe tutti i personaggi, gli ambienti e le azioni presenti nel film. Quindi ogni sforzo interpretativo, come accade spesso con i film di David Lynch, è inconsolabilmente destinato a rimanere frustrato. Per capire film come questi (a proposito, avete mai visto un altro film come questo?) bisogna soltanto sforzarsi di non capire e "salire sul film", come lo stesso Lynch ha più volte sottolineato nei suoi (peraltro rari) incontri con il pubblico. Utilizzare l’arma dell’intuito e del "sesto senso" pare essere l’unica chiave di volta per potersi addentrare nel pianeta "Eraserhead" e, più in genere, nell’universo Lynch. Splendida fotografia in bianco e nero, originalissimo uso degli effetti sonori (completamente "off", come qualcuno ha cercato di definirli, ovvero avulsi dal contesto narrativo), regia, come detto, raffinata ma classica, senza eccessi: ampio uso di zoom, lenti carrelli, dissolvenze, splendidi rallenty, spesso macchina da presa statica. Un solo, trascurabile, appunto: il sottotitolo italiano "la mente che cancella" non è fedele al titolo originale e al geniale doppio senso del film. Molto meglio sarebbe stato "la TESTA che cancella"… Vedere il film per capire cosa intendo.

Il film fu realizzato da Lynch, tra enormi difficoltà economiche, grazie ai fondi dell’AFI, nella durata record di 5 anni, necessari per recuperare di volta in volta il denaro che serviva. Si narra che fosse il film preferito da Stanley Kubrick, il quale avrebbe invitato degli amici a casa sua promettendo loro la visione di "Eraserhead". Clamoroso fallimento al box-office al momento dell’uscita, è diventato col tempo un vero e proprio cult del cinema di mezzanotte. Svariate le leggende su un film che è già, per i fatti suoi, leggenda. Miti e curiosità, per esempio, sulla materia (organica?) che fu utilizzata dal regista per ricreare il neonato mutante. Tutto contribuisce ad accrescere l’interesse, ormai vicino al feticismo, per questo film, davvero unico nella storia del cinema. E’ il primo film nella preziosissima filmografia Lynchiana. Il film al quale Lynch ha recentemente dichiarato di sentirsi più vicino. Domani esce in Italia "Inland Empire", l’attesa è enorme. Pare si tratti di un degnissimo nuovo capitolo, questa volta girato interamente in digitale, della cinematografia dell’ignoto, di marca Lynch, nel segno iniziato da Eraserhead. Non vediamo l’ora.

Voto personale: 9+

David Lynch su SU

lynchQualcuno si ricorda di David Lynch, per fortuna. Per la precisione mi riferisco al canale satellitare Studio Universal (canale 320 di Sky) che ogni martedì a partire da stasera e per tutto il mese di Febbraio omaggerà questo genio incontrastato del cinema post-moderno. Il calendario è ricchissimo di prelibatezze,essendo alcune delle vere rarità. Il tutto sarà corredato da interviste e materiale inedito sul regista. Da non perdere.

6/2 ore 23,20 "Eraserhead"- a seguire i corti di Lynch, inediti in Italia: "The grandmother", "The amputee", "The alphabet"

13/2 ore 23,20 "Elephant Man"

20/2 ore 23,15 "Fuoco cammina con me"

27/2 ore 00,05 "Una storia vera"