Dopo la visione di questo film ho coltivato per un po’ l’idea di una bocciatura muta e silente, per protesta estrema. Forse però due parole due di avvertimento conviene spenderle. "Happy family" è la cattiva copia dei "Tenenbaum" di Wes Anderson, trapiantati in salsa milanese e impastati con una buona dose di espedienti di sceneggiatura alleniani. Salvatores però non è Wes Anderson. E Sandra Milo non è Anjelica Huston. Visto che "Happy family" non fa neanche ridere, davvero non si afferra la necessità, nemmeno recondita, di un film tanto indifendibile. Da un regista come Salvatores peraltro, che qui sembra abdicare ad ogni autonoma ricerca espressiva per abbandonarsi completamente ad un maldestro esercizio di (copia di) stile. Metacinema da quattro soldi, citazionismo insulso e a tratti irritante (l’enorme battuta di Groucho Marx del finale non merita di finire banalizzata in un film così), sequenze in bianco e nero che sembrano lo spot per l’amministrazione municipale di Letizia Moratti. "Potrei andare avanti a raccontare questa storia, ma preferisco chiudere qui".
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